La marcia della Pace 2020 a Como e a Cantù segna in modo chiaro un ulteriore passo in avanti della consapevolezza pacifista anche nel territorio comasco.
Alcune migliaia di persone (circa 3000 per una sola marcia che contemplava due cortei: uno a Como e uno a Cantù) hanno affermato la loro richiesta di pace in modo chiaro e inequivocabile, senza concedere approssimazioni e senza ammettere fraintendimenti. A Como la marcia è stata forse un po’ meno affollata di quella dell’anno scorso, che aveva segnato un successo quasi incredibile e inaspettato persino per il gruppo organizzatore; in compenso chi ha partecipato lo ha fatto dall’inizio alla fine, prestando attenzione agli appelli e ai discorsi pronunciati.

In particolare, la tappa di metà percorso all’ombra di Porta Torre, in quella piazza che invece di “piazza Vittoria” a noi piace chiamare “piazza della Pace”, ha espresso la complessità e la ricchezza, ma anche la determinazione dei tanti volti del pacifismo e dell’opposizione alla guerra e al militarismo. Qui, dal camion targato Croce Rossa, sono stati letti sia il testo condiviso da tutti i gruppi organizzatori di Como e Cantù – un incalzante enumerazione di quello che la Pace è e deve essere -, sia l’impegno dei sindaci partecipanti, che lo hanno firmato subito dopo, di fronte al popolo della pace e al presidente del Coordinamento comasco della Pace, Mario Forlano, e alla presidente onoraria di Wilpf Italia Giovanna Pagani, cui è stato affidato il ruolo di garanti di un impegno che non può restare solo petizione di principio, ma deve diventare concreto operare per promuovere una vera cultura di Pace.

È poco? Forse… Ma forse è il primo passo per invertire una deleteria tendenza a trattare la “cattiveria” e la “forza” come espressione di un modo “schietto” e “diretto” di fare azione politica e azione sociale, una tendenza cui gli anni recenti ci hanno – ahinoi – abituato.

Allora ha fatto bene Giovanna Pagani, dal palco-camion del discorso conclusivo di fronte al Monumento alla Resistenza europea, a sottolineare l’importanza della grande partecipazione di giovani e giovanissimi alla marcia di oggi. C’è bisogno di cambiare le regole del gioco, c’è bisogno di un modo nuovo di concepire le relazioni (da quelle personali a quelle internazionali), c’è bisogno di inventare un futuro per un pianeta che sembra averlo smarrito.

Quello pacifista non è un “partito”, ma deve essere un movimento in grado di esprimere tutte le proprie diverse sensibilità e capacità operative con un unico grande obiettivo, quello di spezzare la drammatica spirale che sta precipitando l’intera umanità verso un disastro totale. Per opporsi a questo gorgo non si possono affrontare le questioni separatamente come se fossero su piani diversi. Nei vari appelli letti e ascoltati, la salute e il lavoro, le migrazioni e il disarmo nucleare, la pace e la riconversione ecologica erano strettamente connesse. Il popolo della Pace di Como e Cantù ha mostrato, nei fatti, di averlo compreso. Ora bisogna continuare a lavorare perché questa consapevolezza non vada dispersa.

C’è molto da fare, e non è proprio il caso di rinviarlo alla prossima Marcia della Pace.
[Fabio Cani, ecoinformazioni]