
Il 23 gennaio doveva essere il giorno dell’annuale Marcia della Pace, che quest’anno avrebbe dovuto unire idealmente tutta la provincia in una manifestazione “intercomunale” con il coinvolgimento diretto di Como, Cantù, Senna Comasco e Cucciago. Poi il covid-19 si è messo di traverso, con una situazione che – soprattutto in Lombardia – evidenziava segnali assai preoccupanti che proprio le realtà promotrici del Mese della Pace (che da molti anni ormai portano avanti una particolare attenzione per l’accoglienza, la solidarietà, la cura) non potevano certo ignorare.
È stata quindi presa la sofferta decisione di rinviare la marcia a tempi più propizi (in ipotesi all’inizio della primavera) e di sostituirla con tre appuntamenti che – a staffetta – riproponessero il progettato percorso della manifestazione: Como, Cantù e Navedano (frazione di Senna Comasco, quasi equidistante tra Como e Cantù, Senna e Cucciago).
I tre momenti – programmaticamente pensati con una ristretta partecipazione – sono stati proposti come occasione di approfondimento dei temi posti al centro della giornata della pace (a partire dalla lettera del pontefice) e del mese della pace.

In ordine cronologico si è cominciato con Como, presso il Monumento alla Resistenza Europea. Qui alcune letture hanno messo in evidenza, tra gli altri, i temi del dialogo tra generazioni e del disarmo: alla lettera di don Tonino Bello per «un operaio di una fabbrica di armi» ha fatto seguito la citazione delle premesse inserite nel trattato per la proibizione delle armi nucleari, che proprio in questi giorni “festeggia” il primo anno dall’entrata in vigore. Come è noto, lo stato italiano in ossequio ai diktat militaristi della Nato continua a negare la propria sottoscrizione, ed è sempre più necessario far crescere la pressione popolare perché questa insensata decisione venga modificata. La protesta simbolica di Como ha assunto un particolare significato perché tenuta vicino alla pietra proveniente dalla città di Hiroshima, vittima del primo bombardamento nucleare della storia.

Se a Como all’inizio del pomeriggio, le luci accese come da programma (Pace: non lasciamola spegnere recitava il titolo della giornata) sono risultate più ideali che altro, la scenografia luminosa si è fatta suggestiva a Cantù, approfittando non solo dell’imbrunire ma anche dei gradini della prepositurale di San Paolo. Qui le realtà del Canturino e del Marianese hanno dato vita a una articolata sequenza di testi e musiche, i primi affidati soprattutto alle giovani voci di scout, le seconde alle canzoni di Andrea Parodi: una sequenza che ha colto a tutto campo i temi dell’impegno pacifista e solidaristico.

Il percorso si è concluso a Navedano, nel buio quasi totale del dopocena: qui si è allestito con i lumini un grande augurio al Trattato per la proibizione delle armi nucleari, il “buon compleanno T.P.A.N.” sovrastava un grande simbolo pacifista. L’allestimento simbolico, apprezzabile e fotografabile quasi solo dall’alto, è stato inteso anche come viatico per un lavoro comune (non esclusivamente davanti ai riflettori, ma anche dietro le quinte) delle tante realtà che in questi anni si sono impegnate e continuano a impegnarsi per la Pace.

In un certo senso l’augurio valeva anche per tutte e tutti noi. [Fabio Cani, ecoinformazioni; foto Claudio Fontana e Fabio Cani]
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